Abbatto i miei archi di trionfo
e attraverso i giardini incolti e mal tenuti della mia anima
come da bambino, cerco un rettangolo di mondo
per illudermi che sia un posto un po’ mio
dove essere re e, al cui interno, io possa essere forte e sicuro,
ma devo aver scordato il passaggio segreto
o perso le chiavi d’entrata.
Una volta il bosco incantato era affascinante
ora mette paura
un fruscio del vento tra i rami era per me un segno degli spiriti buoni che mi accompagnavano
invece oggi ho il timore che siano lupi inferociti che mi tengono d’occhio.
Un tempo, delle ombre, percepivo il cono di luce che le proiettava
ora solo mostri che ci si nascondono dentro
sentivo bene, da bambino, l’odore di fragole e di funghi,
ma adesso sono il muschio e la muffa che mi arrivano al naso
e allora non riesco ad andare avanti:
il sentiero diventa per me una salita irta
di fronte ad un crepaccio invalicabile.
Il posto dove io posso essere al sicuro diventa inaccessibile
per una favola dalla morale beffarda
dove la proiezione è interna, non più esterna
perché il sentiero, il bosco e il castello
li ho creati io.
Così, con gli anni, sono nati cuccioli di lupi
ora affamati di paure perché malnutriti nel tempo.
Non posso prendermela con loro:
ora sono io il cono d’ombra che non fa passare la luce
se avessi costruito, dove fu prato, una vallata, un campo di girasoli
magari oggi loro non avrebbero trovato ospitalità.
Eppure quel bosco è il mio
mi ci sento affezionato e penso che, se lo abbandonassi, tornerebbe a splendere.
Allora torno tra l’asfalto e i palazzi
sapendo che l’unico modo per salvare un luogo magico
è non tornarci più.
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di Andrea Stella
photo: Natalya Shumilova