Allora ripetilo,
un’altra volta;
ripetilo,
se ne hai il coraggio,
senza remora alcuna
«Che fortuna», dicesti.
Eppur ti avevo avvertito
sarebbe stato rischioso
e anche stavolta non mi hai sentito:
assai duole dirti te l’avevo detto.
Ci hai provato
– ma stavolta più d’ogni altra volta
ci hai creduto sul serio –
a infondere negli altri il sentimento che
avresti voluto ricevere
invece finendo gli altri
a ricevere in loro stessi il sentimento che
mai si sarebbero curati di darti.
Non è stato forse il tuo verbo abbastanza eloquente?
È stato certo il tuo agire egoista
per averci provato per averci sperato per averci infine creduto
per aver approfittato dello spirito altruista.
E a cosa è servito
per poi aver patito l’ennesimo dolore?
Quale soluzione migliore?
:così tu ti chiudi dentro
più dentro più dentro più dentro
mentre il tuo tormento
sempre più si accresce in fuori
in fuori in fuori in fuori
e la corazza impenetrabile più si ispessisce
covando finti rancori.
Se tu solo lo mettessi a digiuno
uscendo tu fuori
e ricacciando lui dentro
ma non hai più motivo alcuno
per fidarti:
al centro d’un circolo vizioso sei
e sai bene come andrà a finire…
Così dicesti «Che fortuna» e
preferiresti ora morire
per averci riposto il cuore
ché forse in fondo non era del tutto reale
ma dirlo la faceva credere una preghiera
e quale richiesta tua più vera
d’aiuto?
testo e foto di Rita Bernardi